Canti ufficiali degli Alpini - Gruppo Alpini Crocetta del Montello

- Sezione di Treviso -
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Preghiere, canti...
I Canti "ufficiali" degli Alpini
...quelli, cioè, riconosciuti dall'A.N.A. Nazionale e raccolti nel volumetto
CANTI DEGLI ALPINI
dalla "Commissione per la difesa del canto alpino" nel 1967

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A la matin bonura

A la matin bonura
a 'n fan alvè
a 'n mando 'n piassa d'armi
a fè istrussioun
a 'n fal marcè in avanti
a poeui 'n darè.
Nui autri povr'alpini
'n fan mal i pè
Sai nen perchè
'n fan mal i pè
as marcia mal
sui marciapè
Al dì d'la cinquina
a 'n fal strilè
a 'n dal coi povri sold
per piè 'd fumè.
Sai nen perchè
'n fan mal i pè
as marcia mal
sui marciapè
Adess che i touscan
a son chersù
Nuiatri povr'alpini
a 'n fal stè giù
Sai nen perchè
'n fan mal i pè
as marcia mal
sui marciapè
Festa del Reggimento
rancio special
a 'n dan la pasta suita
con 'l formaj
Nuiatri povr'alpini
'n fa mal i caj.

Aprite le porte
Una marcia allegra e baldanzosa che esprime lo spirito di festa popolare che,
al richiamo del suono della banda, anima le adunate degli alpini di ieri e di oggi

Aprite le porte
che passano
che passano
aprite le porte
che passano
baldi alpin.
Come la marcia ben
la banda, la banda,
come la marcia ben,
la banda la banda,
come la marcia ben,
la banda la banda,
come la marcia ben
a banda degli alpin.

Bandiera nera
Sul Ponte di Bassano, bandiera nera,
è il lutto degli Alpini che va a la guerra.
E' il lutto degli Alpini che va a la guerra
la meio zoventù va sotto terra.
Nell'ultimo vagone c'è l'amor mio
col fazzoletto mi dà l'addio.
Col fazzoletto in man mi salutava
e con la bocca i baci la mi mandava.


Questa canzone che probabilmente risale al periodo della prima Grande Guerra, si è diffusa nei battaglioni alpini verso il periodo 1936 (i sergenti Silvio e Mario Pedrotti la facevano cantate agli alpini del battaglione Trento in quegli anni). La canzone venne poi ripresa, e rielaborata, dagli alpini della Julia, durante la campagna di Grecia, nella versione più famosa "Sul ponte di Perati" (vedi <Altri canti degli alpini>)

Bersagliere ha cento penne
Canto nato durante la prima Guerra Mondiale, con una frase di orgoglioso compiacimento per la penna nera, che distingueva il cappello apino da qullo piumato dei bersaglieri.
La vita dell'alpino in guerra è verament dura, in mezzo al freddo e alla tormenta di neve, pronto anche al sacrificio della vita.


Bersagliere ha cento penne, ma l’alpino ne ha una sola:
un po’ più lunga, un po’ più mora, sol l’alpin la può portar.
Quando scende la notte nera, tutti dormono laggiù alla Pieve
ma con la faccia giù nella neve sol l’alpin non può dormir.
Su pei monti vien giù la neve la tormenta dell’inverno,
ma se venisse anche l’inferno, sol l’alpin può star lassù.
Se dall’alto dirupo cade confortate i vostri cuori:
perché se cade tra rocce e fiori, non gli importa di morir.

Bombardano Cortina
Questo celebre canto scritto dagli Alpini del 5° Raggruppamento in Valle Costeana, è una precisa descrizione delle operazioni belliche compiute dagli Alpini all'inizio di luglio del 1916.
A pagina 83 di "Come canta la montagna" si legge quanto segue: "L'11 luglio 1916, alle 3,30 del mattino, la conca di Cortina tremò al boato delle trentacinque tonnellate di gelatina piazzate dagli Alpini sul Castelletto (contrafforte sul lato ovest della Tofana di Rozes), sopra le teste degli austriaci, che dominavano da quella posizione  la strada del Falzarego. Furono scavati 507 metri di galleria nel cuore della montagna, sotto il naso del nemico. Valle Costeana, Lagazuoi, Sasso di Stria, Tre Dita, Masarè, Val Travenanzes, strada Dolomiti: la canzone passa in rassegna tuti questi luoghi, che rappresentano l'epico itinerario del 5° Raggruppamento Alpini, di cui il Castelletto, con il terribile canalone battuto dalla mitraglia, fu una tappa eroica, pagata a prezzo di tremende fatiche e disagi, di sagrifici sanguinosi, di incredibili acrobazie nella tormenta e sotto il fuoco nemico".


Bombardano Cortina, oilà! dicon che gettan fiori, oilà!
Tedeschi traditori è giunta l’ora, subito fora, subito fora dovete andar.
E proseguendo poi, oilà! per valle Costeana, oilà!
Giunti sulla Tofana su quella vetta, la baionetta, la baionetta scintillerà.
Non mancherà poi tanto, oilà! che anche il Lagazuoi, oilà!
Conquisteremo noi quando l'artiglieria Sasso di Stria, Sasso di Stria battuto avrà.
Son prese le Tre Dita, oilà! il Masarè è già nostro, oilà!
L'aquila ha perso il rostro e già s'invola spennata e sola, spennata e sola là sul Caval.
Fatta è la galleria, oilà! e pronta è la grn mina, oilà!
E una bella mattina anche Gigetto col Castelletto, col Castelletto all'aria andrà.
Giunti sul Canalone, oilà! schiera i suopi soldati, oilà!
Tiri ben aggiustati, la pasta asciutta,, la pasta asciutta la fece tutta lasciare lì!
Per valle Travenanzes, oilà! e Strada Dolomiti, oilà!
v’inseguiremo arditi e voi scappate finché arrivate finché arrivate dal vostro re.
Stringetevi la mano, oilà! dite che gl'italiani, oilà!
Dite che gl'italiani vi fan la guerra, vi fan la guerra, su questa terra non voglion più!

Di qua, di là del Piave

Canto della prima guerra mondiale. Gli Alpini combattono e muoiono, ma ci sono anche momenti di pausa quando si va all'osteria presso il Piave. Per darsi coraggio, per sentirsi vivi per cacciare l'ombra della morte, gli Alpini diventano addirittura pregiudicati nei confronti della ragazza che è stata con loro: non è più figlia da maritare e, infatti, dopo nove mesi le nasce un bambino!


Di qua, di là del Piave ci sta un’osteria.
Di qua, di là del Piave ci sta un’osteria.
La c’è da bere e da mangiare ed un buon letto per riposar.
La c’è da bere e da mangiare ed un buon letto per riposar.
Di qua di là del ponte ci sta una bella mora;
tutte le sere la resta sola, resta sola a far l'amor.
E dopo aver mangiato, mangiato e ben bevuto.
le dissi: "Ohi bella se vuoi venire è questa l’ora di far l’amor."
"Mi si che vegnarìa, per una volta sola.
Però ti prego, lasciami sola che son figlia da maritar."
"Se sei da maritare dovevi dirlo prima,
or che sei stata coi veci alpini non sei più figlia da maritar."
E dopo nove mesi è nato un bel nambino.
sputava il latte, beveva il vino ed era figlio di un vecio alpin.

Dove sei stato mio bell'alpino

Questo è uno dei più famosi canti degli Alpini della 1a Guerra Mondiale. La belle Celestina viene avvisata che è ritornato il suo amore, ma lei non ha fretta di incontrarlo, anche se è "pronta a fare l'amore". Quando poi i due giovani sono insieme, Celestina nota che il suo Alpino non è più come prima, e gli pone la celeberrima domanda: "Dove sei stato mio bell'Alpino, che ti ha cambià colore?". E Lui le risponde ricordando i luoghi che hanno visto il sacrificio di migliaia di Alpini in guerra: Ortigara, Monte Nero, Pasubio, Monte Grappa. Ma questa sera tutti i dolori patiti dall'Alpino passeranno facendo l'amore con la sua Celestina.

La Celestina in cameretta; La Celestina in cameretta che ricama rose e fiori.
Vieni da basso o Celestina; Vieni da basso o Celestina ch’è rivà il tuo primo amore.
Si l'è rivato ieri di sera; Si l'è rivato ieri di sera con la corsa del vapore
"Se l’è rivato, lassé ch’el riva; "Se l’è rivato, lassé ch’el riva; mi son pronta a far l’amore.
Dove sei stato mio bell’alpino; Dove sei stato mio bell’alpino che ti ha cambià colore".
"L’è stata l’aria dell’Ortigara; L’è stata l’aria dell’Ortigara he mi ga cambià colore".
Sul Monte Nero c’è una tormenta; Sul Monte Nero c’è una tormenta che mi gà cambià colore.;
Là sul Pasubio c’è un barilotto che mi gà cambia colore.
Sul Monte Grappa c'è una bombarda; Sul Monte Grappa c'è una bombarda che mi ha cambià colore
E’ stato il fumo della mitraglia che mi ga cambia colore.
Ma i tuoi colori ritorneranno questa sera a far l’amore.
A far l'amore ci vuol vent'anni; a far l'amore ci vuol vent'anni e una bambina e del buon vino!
Una bambina appassionata; una bambina appassionata e occhi azzurri e cavei d'oro.
Si fa l'amore, senza malizia; si fa l'amore con una mano in man e gli occhi volti al cielo.
Lassù nel cielo ci stan le stelle; si contano tra loro le storielle nelle notti oscure.
Si contan tante storie d'amore; ripetono quel che leggono in fondo ad ogni cuore.
In fondo al cuore ci son segreti; solo una mamma ed una stella li san leggere e capire.
O celestina sei la mia stella; guarda nel mio cor, ci troverai un fiorellin di amore.
Un fiorellino fatto di sogni; un fiorellino fatto di sogni e di speranze e di dolore.
Fatto di sogni sognati in cielo; di dolori patiti in terra, su per monti a far la guerra.
Ma i tuoi dolori ti passeranno, i tuoi dolori ti passeranno questa sera a far l'amore.

E Cadorna manda a dire

In questo canto della 1a Guerra Mondiale, che trae origine da un più antico canto popolare, "I coscritti di Bonaparte", gli Alpini si vantano nei confronti degli altri corpi militari. Infatti, il generale Luigi Cadorna ha detto di aver bisogno degli Alpini per poter avanzare contro il nemico, mentre la fanteria "è troppo debole" e i bersaglieri sono addirittura "un po' mafiosi"! Invece, gli Alpini, compresi i giovani della classe di leva 1897, "son valorosi, su pei monti a guerreggiar".


E Cadorna manda a dire che si trova là sui confini,
e ha bisogno degli alpini per potersi avanzar.
La fanteria è troppo debole, i bersaglieri un po' mafiosi,
ma gli alpini son valorosi su pei monti a guerreggiar.
Novantasette fatti coraggio, cheE Cadorna manda a dire che si trova là sui confini,
e ha bisogno degli alpini per potersi avanzar.
La fanteria è troppo debole, i bersaglieri un po' mafiosi,
ma gli alpini son valorosi su pei monti a guerreggiar.
Novantasette fatti coraggio, che le porte son bombardate,
tra fucili e cannonate anche l’Austria cederà.
Cara mamma non tremare, io non posso ritornare,
un alpino militare deve fare il suo dover. le porte son bombardate,
tra fucili e cannonate anche l’Austria cederà.
Cara mamma non tremare, io non posso ritornare,
n alpino militare deve fare il suo dover.

E c'erano tre alpin

E c’erano tre alpin, tornavan dalla guerra
Guarda che bell’alpin tornavan dalla guerra
Il più bellin dei tre avea un mazzo di rose
Guarda che bell’alpin avea un mazzo di rose
La figlia del re vedendo quelle rose
Guarda che bell’alpin vedendo quelle rose
Dammele a me, io voglio quei bei fiori
Guarda che bell’alpin io voglio quei bei fiori
Le rose io ti darò, se tu sarai mia sposa
Guarda che bell’alpin se tu sarai mia sposa
Va’ a dirlo al mio papà ed io sarò tua sposa
Guarda che bell’alpin ed io sarò tua sposa
Buon giorno signor re, voglio tua figlia in sposa
Guarda che bell’alpin, voglio tua figlia in sposa
Se non vai via di qua, ti faccio fucilare
Guarda che bell’alpin, ti faccio fucilare
E va in malora ti e la tua figlia ancora
Guarda che bell’alpin, e la tua figlia ancora
E al mio pais, io tengo la morosa
Guarda che bell'alpin, io tengo la morosa

E la nave s'accosta pian piano

Canto degli Alpini che presero parte alla guerra italo-turca in Libia, con 10 battaglioni (tra i quali il "Saluzzo" e il "Mondovì") e 13 batterie da montagna. I soldati italiani sbarcarono a Tripoli nel mese di ottobre del 1911, e la guerra si concluse con la vittoria dell'Itaia nell'ottobre del 1912. In questo canto, gli Alpini cedettero per una volta ad una venatura di trionfalismo nei confronti delle truppe turche, anche se nell'insieme prevale il tono nostalgico del ricordo della morosa e della mamma, con il dolore per i compagni morti in combattimento.


E la nave s’accosta pian, piano, salutando: Italia sei bella,
nel vederti mi sembri una stella, oh morosa ti debbo lasciar.
Allora il capitano m’allungò la mano sopra il bastimento, mi vuol salutare e poi mi disse: i Turchi son là.
E difatti si videro spuntare, le nostre trombe si misero a suonare,
le nostre penne al vento volavano, tra la bufera e il rombo dei cannon.
E a colpi disperati, mezzi massacrati dalle baionette, i Turchi sparivano, gridando: Alpini, abbiate pietà.
Sulle dune coperte di sabbia, i nostri alpini, oh Italia, morivano,
ma nelle veglie ancor ti sognavano, con la morosa, la mamma nel cuor.
E col fucile in spalla, baionetta in canna, sono ben armato, paura non ho,
quando avrò vinto, ritornerò.

Era una notte che pioveva

Era una notte che pioveva
e che tirava un forte vento:
immaginatevi che grande tormento
per un alpin che sta a vegliar.
A mezzanotte arriva il cambio
accompagnato dal capoposto:
“Oh sentinella torna al tuo posto,
sotto la tenda a riposar!”.
Quando fui stato ne la mia tenda
sentii un rumore giù per la valle,
sentivo l’acqua giù per le spalle,
sentivo i sassi a rotolar.
Mentre dormivo sotto la tenda
sognavo d’esser con la mia bella
e invece ero di sentinella
fare la guardia allo stranier.

Eravamo in ventinove

Eravamo in ventinove,
ora in sette siamo restà
e gli altri ventidue
sul Son Pauses li han mazzà.
Maledetto sia il Son Pauses
coi suoi tubi di gelatina.
Sì, l’è stà la gran rivina
la rovina di noi alpin.
Queste povere vedovelle
le va in chiesa, le va a pregar...
La passion dei loro mariti
le fa piangere e sospirar

E sul Cervino

E sul Cervino c’è una slavina l’è la rovina di noi alpin.
E se son pallida, senza colori, non voglio dottori, non voglio dottori.
E se son pallida come na strassa vinassa, vinassa e fiaschi de vin.
Sul monte Rosa c’è una colonna l’è la Madonna di noi alpin.
E se son pallida, senza colori, non voglio dottori, non voglio dottori.
E se son pallida come na strassa vinassa, vinassa e fiaschi de vin.
E in fondo alla valle c’è un’osteria l’è l’alegria di noi alpin.
E se son pallida, senza colori, non voglio dottori, non voglio dottori.
E se son pallida come na strassa vinassa, vinassa e fiaschi de vin.
Là nella valle c’è una ragazza che la va pazza per noi alpin
E se son pallida, senza colori, non voglio dottori, non voglio dottori.
E se son pallida come na strassa vinassa, vinassa e fiaschi de vin.
Là nella valle c’è la Rosina l’è la rovina di noi alpin.
E se son pallida, senza colori, non voglio dottori, non voglio dottori.
E se son pallida come na strassa vinassa, vinassa e fiaschi de vin.
Là su quel monte c’è un buco nero l’è il cimitero di noi alpin.
E se son pallida, senza colori, non voglio dottori, non voglio dottori.
E se son pallida come na strassa vinassa, vinassa e fiaschi de vin.
Là nella valle c'è una caserma. Requiem eterna per chi ci stà!

E tu, Austria

Su su cantiamo guerrieri alpini
che delle Alpi noi siam bersaglieri
e fra le rocce e gli aspri sentieri
mai nessun colpo fallito sarà.
Noi siam giovani, forti e robusti
sopportiam fatiche e sventure
cara Italia tranquilla stai pure
che gli alpini salvarti saprem.
Sul cappello portiamo il trofeo
dei reali di casa Savoia
noi lo portiamo con fede e con gioia
viva Tojo il nostro sovran.
Cara Italia tranquilla stai pure
sempre pronti noi siamo ai confini
ben difenderti sapranno gli alpini
cara Italia tranquilla stai pur.
E tu Austria non essere ardita
di varcare d’Italia i confini,
che sulle Alpi ci sono gli Alpini
che su per aria ti fanno saltar.
E tu Austria che sei la più forte
farri avanti se hai del coraggio,
e se la “buffa” ti lascia il passaggio
noialtri alpini fermarti saprem.
Varcheremo le mura di Trento
coi fucili per ben caricati,
e di rinforzo ci sta’ i richiamati
tutto per aria faremo saltar.
Al comando dei nostri ufficiali
caricheremo cartucce a mitraglia,
e se per caso il colpo si sbaglia
a baionetta l’assalto farem.

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Nel 1897, alla caserma alpina di Aosta, in occasione del 25° anniversario della fondazione del Corpo, gli anziani del Battaglione già cantavano questa canzone.
Allo scoppio della guerra 1815-18, si aggiunsero alla canzone le ultime quattro strofe, certo più famose delle prime, che formarono una seconda parte, completamente nuova e che poteva essere cantata anche da sola

Il testamento del capitano

Il Comandante la Compagnia
ci manda a dire ai suoi soldà
che l’è ferito e sta per morire
e che lo vengano a ritrovà.
I suoi soldati gli manda a dire
che no ga scarpe per traversà:
O con le scarpe o senza scarpe
i miei Alpini li voglio qua.
Ecco fu stato alla mattina
i suoi soldati era rivà:
Cosa comandalo Signor Capitano,
che i suoi Alpini eccoli qua.
E io comando che il mio cuore
in cinque pezzi dovete taglià.
Il primo pezzo al Re d’Italia
che si ricordi dei suoi soldà.
Secondo pezzo alla Compagnia
che si ricordi del suo Capitan.
Terzo pezzo alla mamma mia
che si ricordi del suo figlio Alpin.
Quarto pezzo alla mia bella
che sono stato il suo primo amor.
Quinto pezzo alle montagne
che le fiorisca di rose e fior.

Il Colonnello fa l'adunata

Il colonnello fa l’adunata
negli occhi tutti el ne gà vardà
e poi gà dito ai veci alpin
di tener duro n’ha comandà.
I suoi alpini ghe fa risposta:
“Sior colonnello se tegnarà”
e scarpinando sulle montagne
in prima linea i s’à portà.
E per do mesi i à tegnù duro
in mezzo al freddo da far giassar
scoltando sempre le so parole
“sacrificarsi ma non mollar”.
E i suoi alpini ghe manda a dire
che non gli riva né pan né vin.
E il colonnello gli fa risposta:
“Questo l’è niente per i veci alpin”:
E i suoi alpini ghe manda a dire
che no i g’ha scarpe per camminar.
E il colonnello gli fa risposta:
“No serve scarpe per star là”.
E i suoi alpini ghe manda a dire
che dal gran fredo no se pol salvar.
E il colonnello gli fa risposta:
“Con la mitraglia ve podè scaldar”.
E i suoi alpini ghe manda a dire
che adesso manca le munission.
E il colonnello ghi fa risposta:
“Na baioneta vale un canon”.
E i suoi alpini ghe manda a dire
posta da casa no i vede rivar.
E il colonnello gli fa risposta:
“Il re ve manda a saludar”.
E un altro mese ‘sti veci alpini
gà tegnù duro senza mollar.
Ed ogni giorno i greci tacava
senza esser boni mai de passar.
E i suoi alpini ghe manda a dire
che massa pochi i xè restà.
E il colonnello va su da loro:
“Niente paura eccomi qua”:
E la matina s’à levà ‘l sole
e le montagne el gà indorà:
Il colonnello coi veci alpini
tutti i era morti, ma i era là.

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Questa canzone è stata composta, sul motivo del "Testamento del capitano", da un gruppo di alpini del 7° in onore del loto comandante colonnello odolfo Psaro, caduto in terra albanese l'8 dicembre 1940, medaglia d'oro.

Il ventinove luglio

Il ventinove luglio, quando che matura il grano, è nata una bambina con una rosa in mano.
Non era paesana e nemmeno cittadina, è nata in un boschetto in cima alla marina.
Vicino alla marina, dov'è più bello stare, si vede i bastimenti a navigar sul mare.
Per navigar sul mare ci vuole le barchette, per far l'amor di sera ci vuol le ragazzette.
Le ragazzette belle l'amor non lo san fare, noialtri baldi alpini ce lo farem provare.
Ce lo farem provare, ce lo farem sentire, stasera dopo cena prima d'andar dormire.

La Linda la va al fosso

La Linda la va al fosso
Oi bigulì, oi bigulai, col bigulì dai dai
La bella bigulì, bigulì, bigulà, bigulì dai dai
L’alpin ghe salta addosso
Oi bigulì, oi bigulai, bigulà, bigulì dai dai
E la perde l’anel
Oi bigulì, oi bigulai, bigulà, bigulì dai dai
E dopo nove mesi
Oi bigulì, oi bigulai, bigulà, bigulì dai dai
E’ nato un bel bambino
Oi bigulì, oi bigulai, bigulà, bigulì dai dai
E l’han ciamà Pierino
Oi bigulì, oi bigulai, bigulà, bigulì dai dai
E l’han messo a far l’alpino
Oi bigulì, oi bigulai, bigulà, bigulì dai dai
E l’ham mandà sul Grappa
Oi bigulì, oi bigulai, bigulà, bigulì dai dai
L’han messo di pattuglia
Oi bigulì, oi bigulai, bigulà, bigulì dai dai
L’han fatto prigioniero
Oi bigulì, oi bigulai, bigulà, bigulì dai dai
E l’han mandà in Germania
Oi bigulì, oi bigulai, bigulà, bigulì dai dai
L’han messo a far la birra
Oi bigulì, oi bigulai, bigulà, bigulì dai dai
L’alpino l’ha bevuta
Oi bigulì, oi bigulai, bigulà, bigulì dai dai
e l’ha nen ciapà la ciuca
Oi bigulì, oi bigulai, bigulà, bigulì dai dai

Mamma mia vienimi incontro

Mamma mia vienimi incontro,
vienimi incontro a braccia aperte:
io ti conterò le storie
che nell’Africa passò.
Era il sei del triste maggio
ed a Massaua siam sbarcati:
noialtri alpin siamo andati
in Abissinia a guerreggiar.
Maledette quelle contrade,
quei sentieri polverosi:
sia d’inverno, sia d’estate
qua se crepa dal calor.
Baldissera manda a dire
che il nemico e sui confini,
c’è bisogni degli alpini
per poterli liberar.
Appena messo piede a terra,
abbiam sentito la triste storia
che gli alpini con grande gliria
son morti a crociat-et.
Se avrem finite le cartucce,
che ne abbiam centosessanta,
combatterem all’arma bianca
e grideremo viva il re.
Viva il re e la regina,
la pagnotta e la cinquina,
Menelik dall’Abissinia
lo vogliamo discacciar.
Lo vogliamo discacciare
al di là dei suoi confini
e davanti a noi alpini
non gli resta che fuggir!

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Il motivo di questa canzone è stato rintracciato dal coro della S.A.T. di Trento per interessamento del conte ing. Paolo Caccia Dominioni, che mise in contatto i fratelli Pedrotti con le persone che ricordavano esattamente il motivo musicale per averlo ascoltato dalla viva voce di un combattente, reduce dalla battaglia di Adua. La Commissione ha ritenuto di dover inserire nel proprio canzoniere la melodia per questo motivo, utilizzando per il testo una versione analoga che ci è sembrata più completa (otto strofe invece di cinque) pubblicata nel 1935 su L'Alpino a cura di un reduce dalle guerre d'Africa

Monte Canino

Non ti ricordi quel mese d’aprile,
quel lungo treno che andava ai confini
che trasportava migliaia di alpini:
su, su correte è l’ora di partir.
Dopo tre giorni di strada ferrata
e altri due di lungo cammini
siamo arrivati sul monte Canino
a ciel sereno ci tocca riposar.
Non più coperte, lenzuola, cuscini
non più l’ebrezza dei tuoi caldi baci,
solo si sentono gli uccelli rapaci
la tormenta e il rombo dei cannon.
Se avete fame guardate lontano
se avete sete la tazza alla mano
se avete sete la tazza alla mano
che ci rinfresca la neve ci sarà.
Alla mattina il tenente fa sveglia
e tutt'a un tratto riunisce i plotoni
e sulle cime degli alti burroni
tutti insieme il fucile si sparò.
E più di venti li ho visti a morire
e tutti gli altri li ho visti a scappare
e si sentivano tra loro gridare
"se ci rendiamo saremo prigionier".

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Le ultime tre strofe aggiunte, inedite, ricavate dagli appunti di "naja" del M.o Silvano De Francesco, confrontati con l'articolo "Una canzone inedita" di F. Frisara pubblicato su L'Alpino del 1 aprile 1933.

Monte Cauriol

Fra le rocce, il vento, la neve
siam costretti la notte a vegliar.
Il nemico crudele e rabbioso
cerca sempre il mio petto colpir.
Genitori, piangete, piangete,
vostro figlio è morto da eroe.
Vostro figlio è morto fa eroe
su l’aspre cime del Monte Cauriol.
Il suo sangue l’ha dato all’Italia
il suo spirito ai fiaschi de vin.
Faremo fare un gran passaporto
o vivo o morto dovrà ritornar.

Montenero

O vile Monte Nero
Traditor della patria mia
Io lasciai la mamma mia
Per venirti a conquistar.
Spunta l’alba del sedici giugno
Comincia il fuoco l’artiglieria
Il terzo alpini è per la via
Monte Nero a conquistar.
Appena giunti a venti metri
Dal costone trincerato
Con un assalto entusiasmato
Il nemico fa prigionier.
Quanti pianti infiniti
Oggi faran le nostre madri
Anche noi si può far da quadri
Se il destino ci ha lascià.
Ora il nostro tricolore
Sventola sulla roccia
Il terzo alpini con gran forza
A Tolmino volle andar.
Per venirti a conquistare
Abbian perduti molti compagni
Tutti giovani sui vent’anni
La sua vita non torna più.
Sotto il fuoco della mitraglia
Siamo andati tutti avanti
E li abbiam presi tutti quanti
Settecento prigionier.

Motorizzati a piè

Il sedici settembre
nessuno l’aspettava
la cartolina rosa,
ci tocca di partir.
Ci tocca di partire
con la tristezza in cuor
lasciando la morosa
con gli altri a far l’amor.
Da Udin siam partiti,
da Bari siam passati,
Durazzo siam sbarcati
in Grecia destinati.
Motorizzati a piè
la penna sul cappel,
lo zaino affardellato,
l’alpino è sempre quel.
Ma pur verrà quel dì
che canterem così:
finita questa naja
a casa a divertir.

Noi suma alpin

Nui suma Alpin
am pias el vin
tengo l'innamorata
vicino al quartier.
Vicino al quartier
vicino alla caserma
tengo 'na bella serva
per fare l'amor

Oi barcarol del Brenta

Oi, barcarol del Brenta
presteme la barchetta,
per andare in gondoleta
su la riva del mar.
Mi si che ve la presto
basta che la ritorna:
se la barca se sprofonda
no ve la presto più.
La barca è preparata
cinta di rose e fiori,
ci son dentro i cacciatori
del settimo alpin.
Del settimo alpini
del battaglio Cadore,
vi saluto belle more
non vi vedrò mai più.
Ci rivedremo ancora
forse da richiamati,
con gli zaini affardellati
non ci vedremo più
La barca è ritornata
cinta di rose e fiori,
ci con dentro i cacciatori
dei settimo alpin.

Oi cara mamma

Oi cara mamma
i baldi alpin van via
i baldi alpin van via
e non ritornan più.
Oi si si cara mamma no
senza alpini come farò?
Guarda la luna
come la cammina
e la scavalca i monti
come noialtri alpin.
Oi si si cara mamma no
senza alpini come farò?
Guarda le stelle
come son belle
son come le sorelle
di noialtri alpin.
Oi si si cara mamma no
senza alpini come farò?
Guarda il sole
come splende in cielo
la lunga penna nera
la si riscalderà.
Oi si si cara mamma no
senza alpini come farò?

Sul cappello

Sul cappello, sul cappello che noi portiamo
c’è una lunga, c’è una lunga penna nera
che a noi serve, che a noi serve per bandiera
su pei monti, su pei monti a guerreggiar.
Oi-la là
Su pei monti, su pei monti che noi saremo
coglieremo, coglieremo le stelle alpine
per donarle, per donarle alle bambine
farle piangere, farle piangere e sospirar.
Oi-la là
Su pei monti, su pei monti che noi saremo
pianteremo, pianteremo l’accampamento
grideremo, grideremo al reggimento
viva il settimo, viva il settimo degli alpin.
Oi-la-là
Evviva, evviva il reggimento
evviva, evviva, il  settimo alpin.

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Nota:
S’intende che gli alpini di tutti i reggimenti, di tutti i battaglioni, di tutte le compagnie mutano, secondo la loro appartenenza, i singoli numeri citati nella canzone.

Sul Ponte di Bassano

Eccole che le riva
‘ste bele moscardine
son fresche e verdoline
colori no ghe n’ha.
Colori non ghe n’emo
ne manco ghe ‘n serchémo
ma un canto noi faremo
al ponte di Bassan.
Sul ponte di Bassano
là ci daren la mano.
Noi ci daren la mano
ed un bacin d’amor.
Per un bacin d’amore
successer tanti guai,
non lo credevo mai
doverti abbandonar.
Doverti abbandonare
volerti tanto bene.
E’ un giro di catene
che m’incatena il cuor.
Che m’incatena il cuore,
che m’incatena i fianchi:
in mona tuti quanti
quelli che me vôl mal.

Ti ricordi la sera dei baci

Ti ricordi la sera dei baci
che mi davi stringendomi al sen;
mi dicevi: sei bella, mi piaci,
sulla terra sei fatta per me.
Mi promise ‘sta Pasqua sposarmi
ma il destino non volle così;
bell’alpino che avevi vent’anni
nel Trentino sei andato a morir.
Ragazzette che fate all’amore
non piangete, non state a soffrir;
non c’è al mondo più grande dolore
che vedere il suo bene morir.

Tranta sold

Tranta sold, son pas dui lire
tranta sold, tranta sold
son pas dui lire.
Tranta sold, son pas dui lire
e dui lir' e dui lir'
son dui franchin, dui franchin!
Me pare l'ha vendù 'l boeu
me mare l'ha vend+ 'l crin
par fem'andè, par fem'andè.
Me pare l'haa vendù 'l boeu
me mare l'ha vendù 'l crin
per fen'andè 'nt 'i Alpin, 'nt 'i Alpin!
Me pare l'è burgheis
mi son carià de' speis,
per poudei andè, per poudei andè
Me pare l'è burgheis
mi son carià de' speis,
per poudei andè 'nt 'i Alpin, per poudei andè 'nt 'i Alpin

Va l'Alpin

Va l’alpin su l’alte cime
mai nessun lo può fermar,
dorme sempre sulle cime
sogna l’alpe e il casolar.
Tra le rocce ed i burroni
sempre lesto è il suo cammin,
quando passa la montagna
pensa sempre al suo destin.
Pensa alpin al tuo destino:
c’è il ghiacciaio da passare,
mentre vai col cuor tranquillo
la valanga può cascar.
Pensa alpin la tua casetta
che la rivedrai ancora:
c’è una bimba che ti aspetta
orgogliosa del tuo amor.
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