
L'Etna
visto da Dorino
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Cosa ‘ndeu a far voialtri Alpini in Sicilia?
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‘Ndemo al Raduno Nassionale dell’ A.N.A.!
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Ma va! Dove see le montagne in Sicilia?
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Teston! No te sa po’ che ghe se l’Etna. El se alto più de 3400
metri e el se anca pien de neve!
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No se vero! el se pien de fogo!
-
Sì, ma dentro! Par fora el se alto e fredo come le nostre montagne
Così
iniziava, alle cinque di mattina dell’8 maggio scorso, il nostro
avventuroso viaggio in Sicilia con gli amici Alpini di Crocetta,
cercando di far capire, ad un assonnato compaesano, militesente, il
perché gli Alpini, quest’anno, attraversavano tutta l’Italia
per partecipare alla loro Adunata Nazionale.
A
dire il vero più di qualcuno tra di noi, tra sé e sé, forse si
chiedeva se valeva la pena di sobbarcarci tutta questa faticaccia,
ma, a conti fatti, possiamo ben dire che ne è valsa la pena.
Siamo
partiti un po’ in sordina, vista l’ora ed il pessimo clima che
lasciava presagire, come in effetti è stato, un lungo viaggio
annaffiato non da buon vino, ma da fredda pioggia. Via via, però
che lasciavamo i nostri luoghi: a Nogarè tutti in coma; a
Castelfranco qualche risveglio (vero Gino?); a Padova i primi cori
(Lino, Felice ecc.) e ampie discussioni su tutto lo scibile umano,
dalla qualità dei salami, alla sessualità corretta,
all’agronomia, alla storia delle religioni, sostenute da
“Renzo/Soffietto” in contraddittorio con Fernando ed Armando; a
Ferrara inizio di furibondi tornei di scopa all’asso, conditi da
animati diverbi su teoria e tecnica della “posa” delle carte;
Bologna risveglio completo con la prima colazione “Alpina” e
ricongiungimento con gli amici di S. Maria della Vittoria.
Poi
giù verso Firenze, tra nubi sempre colme di pioggia e paesaggi via
via più meridionali, ginestre, oleandri, verdi colline di oliveti e
campi di grano. Pranzo in autostrada: “Self-Service in Autogrill e
poi ancora a scendere, scavalcando mille volte il Tevere, sempre più
grosso, lento e limaccioso, per circumnavigare Roma ed addentrarci
in una Campania che ha sorpreso un po’ tutti. Commento generale
“ Ma alora se vero che anca i teroni lavora ben la tera!” (d’altra
parte non sarebbero più “teroni”).
Dalla
dolce campagna, all’improvviso caos di Napoli! Un bel salto di
qualità! Chi poteva aver qualche dubbio sulla maestria di Lino nel
guidare il pullman, nell’impatto con il traffico di Napoli ha
sicuramente avuto il modo di ricredersi. Penso che nessuno di noi,
neanche con una “500”, avrebbe potuto e saputo fare di meglio.
Breve
visita nei dintorni del Porto (Il Maschio Angioino, Il Teatro S.
Carlo, Piazza Indipendenza, Galleria S. Carlo) per aspettare l’ora
dell’imbarco sull’imponente traghetto a sette ponti.
Dopo
una laboriosa e sofferta assegnazione dei posti letto abbiamo
cominciato a prendere mano del labirinto della Nave, scoprendo Piano
Bar, Salone teatro e discoteca, Sale giochi, Bar, Ristoranti, ed i
vari ponti scoperti e, soprattutto, cercando di metterci in mente
dove fossero le reciproche cuccette (decisamente piccole, ma dotate
di ogni comfort), per arrivare all’ora della cena, che non è
stata per niente male.
Meraviglioso
ed indimenticabile il dopo cena al Salone discoteca con una iniziale
discreta intonazione di cori alpini. Più il tempo passava e più il
cerchio dei coristi si allargava, creando gemellaggi tra i vari
Gruppi Alpini presenti, camionisti e con i baristi impegnati in una
frenetica opera di sostentamento idrico (leggi Prosecco) fino
all’esaurimento, sia delle scorte, che il loro. Al ché i nostri
Alpini, per niente esauriti, hanno dovuto lasciare il campo, non
sconfitti, ma per mancanza di degni avversari.
Notte, assai breve, in un mare abbastanza mosso, cullati
dalle onde e da indecifrabili ed ovattati rumori di fondo, quali
imprecazioni per botte in testa, scrosci d’acqua, docce a tutte le
ore, russamenti vari, canti, ecc. I più ardimentosi e sobri si sono
dati appuntamento, all’alba, per vedere sorgere il sole dal mare e
scorgere, per primi, la terra promessa (da Andrea) la “Sicilia”.
E
Palermo ci accolse, finalmente con il sole. Un sole che ci avrebbe
accompagnato per quasi tutto il resto del viaggio e che ci ha fatto
subito scordare quanta acqua avevamo preso il giorno prima. Sbarco
un po’ laborioso della corriera, in quanto il buon Lino si è
fatto incastrare nella stiva da due o tre Tir. Nell’attesa abbiamo
fatto ampia conoscenza con la nostra graziosa, simpatica e
preparatissima guida Agata, che, ben istruita, come “primo
entro”, ci ha portato ai giardini per la “Colazione Alpina”.
Anche in questo luogo non sono mancati i gemellaggi. Qui, infatti,
è nato un idillio tra Soffietto ed i Giardinieri comunali con
relativo scambio di doni (piantine esotiche per sopressa, formaio e
vin).
Scherzi
a parte comincia da ora il nostro breve ed intenso viaggio
nell’Isola, a partire dal suo Capoluogo. Non vogliamo, con queste
poche righe, certo entrare in merito alle bellezze turistiche di
Palermo. Vogliamo solo ricordare le cose principali che abbiamo
avuto la possibilità di ammirare: la Cattedrale, la Chiesa Arabo
Normanna, il Duomo di Monreale, il gioiello della Cappella Palatina,
la spiaggia di Mondello. Da non dimenticare assolutamente il primo,
inimmaginabile e positivo impatto con la rigogliosa e verde campagna
siciliana, dell’entroterra di Bagheria; il delizioso pranzo al
lontanissimo (per la fame) “Agriturismo Crapa Rotta”, dove
abbiamo avuto modo di gustare un mare di prelibatezze siciliane,
annaffiate da un generoso vino che, nonostante il suo alto tenore
alcolico, non ha fatto per niente indietreggiare le valorose Truppe
Alpine. Anzi! Più e più volte, si sono dovuti chiedere rinforzi.
Lasciato
Palermo e salutata Agata, ci siamo portati, lungo la costa Nord fino
a San Nicola di Trabia per pernottare all’imponente “Hotel
Villaggio Torre Normanna”, che abbiamo raggiunto percorrendo gli
ultimi chilometri su una stradina da infarto (ancora una volta un
bravo a Lino). Solita laboriosa e contrastata assegnazione delle
camere. Tutti chiamavano a gran voce Felice (delegato ufficiale da
Andrea) ma, come al solito, presa la sua camera per primo,
scompariva “felice”. Bene o male ci siamo sistemati in ordine
abbastanza sparso ed anche qui, come sulla nave abbiamo cercato di
orientarci nel labirinto di strade, stradine, viottoli, siepi ed
agglomerati del Villaggio. Intorno a noi, come a Napoli, a Palermo
un andirivieni frenetico di penne nere. Lungo il nostro viaggio
c’era, oramai, un crescendo continuo di pullman, camper, vetture,
ristoranti, alberghi stracolmi di cappelli alpini. Eravamo molti di
più dei “Mille” di Garibaldi, ma, sicuramente, la gente sicula
non aveva alcun timore della nostra calata, anzi ci accoglieva con
sempre più cordialità, meravigliandosi che tutta quella gente si
fosse spostata, di quel tanto, per ritrovarsi ancora una volta
assieme, per rinsaldare, ancora una volta, quel vincolo di
fratellanza e disinteressata solidarietà, che spesso lascia
perplessi ed increduli coloro i quali non sanno apprezzare il vero
valore dell’Alpinità.
Serata
a bordo piscina, a strapiombo sul buio mare 100 metri sotto di noi,
a festeggiare, tra cori, contrastati dalla sempre più rilevante
mancanza di voce, e bottiglie di Prosecco, che non c’era,
trasformato in Brut d’Asti, per arrivare all'eccellente
“Champagne Veuve Clicot”, per festeggiare il compleanno di
Alfiero. Anche qui tutti a letto solo dopo esaurimento delle scorte
viniche e dei camerieri, previo gemellaggio canoro e ballerino con i
ragazzi Animatori del Villaggio.
Venerdì
10 maggio partenza di buon’ora per la “Valle di Agrigento” ed
i suoi Templi, attraversando una sempre più imprevedibile, verde e
coltivata Sicilia. Oliveti, agrumeti, mandorli, immensi campi di
grano ed altri cereali, ordinatissimi vigneti, protetti con reti
contro la pioggia e la grandine, ci anno, infatti, accompagnato
nell’attraversare l’Isola da Nord a Sud e poi verso Est in
direzione di Siracusa.
Anche
sui Templi è stato già detto tutto, vogliamo solo esprimere un
nostro personale pensiero: “Se qualche magno-greco si fosse
risvegliato in quel momento, non avrebbe certo capito a che razza di
invasione pennuta gli era capitato di assistere”. Tutta la valle,
infatti brulicava di chiassose penne nere, che, in mille dialetti
diversi, magnificavano la bellezza e l’imponenza dei resti,
testimonianza del passato splendore di quel popolo.
Abbandonata
la Valle, tra la continua meraviglia degli “edili” del Gruppo
che si chiedevano e chiedevano al buon Salvo (la seconda nostra
eccellente guida) come avessero fatto, a quei tempi, a maneggiare e
posare in maniera ordinata e stabile simili pietroni, ci siamo
diretti, con l’intermezzo di un buon pranzo, verso Siracusa, dopo
una discreta attesa di Lino e della sua corriera, estremamente
bisognosa di riparazioni urgenti, che non si sono fatte, anche se
Lei (la corriera) le reclamava fischiando a tutta voce.
Siccome
la Sicilia è anche terra di Santi si vede che qualcuno di loro ha
pensato a noi, perché da quel momento le cose, meccaniche, ci sembrò
andassero meglio; o, forse, ci eravamo abituati ai fischi.
Arrivo
a Siracusa, in serata, al Sole Park Hotel, buono e confortevole, con
appena il tempo di scaricare le valigie per correre subito a cena,
non male per la prima volta, salvo i successivi, continui
spostamenti di sala, con sempre minor posto disponibile a tavola,
pro capite. Piccola e chiassosa passeggiata serale per alcuni, densa
di cordiali contatti con i siracusani che, incuriositi dalla novità,
aprivano le loro finestre, già chiuse, e rispondevano calorosamente
ai nostri saluti.
Risveglio
con la pioggia al sabato mattina. Colazione e poi partenza, prima
per Catania, dove alcuni sono scesi, mentre il grosso del gruppo
proseguiva per Taormina, per visitare anche in quella città gli
spettacolari resti della civiltà greca e per godere del
meraviglioso panorama di quelle coste siciliane. Dopo un
gradevolissimo pranzo, con “oneste” libagioni, in un ristorante
ai piedi dell’Etna, partenza per il “Vulcano”, dove a quota
2000 circa, presso il Rifugio Sapienza, miracolato dall’eruzione
del 2001, è avvenuto il ricongiungimento con gli amici Alfiero,
Walter e Luciano che, arditamente, cappello Alpino in testa, avevano
sfidato i divieti, le calde folate dei vapori sulfurei e le rocce
bollenti per spingersi, in un “mare” di grigia lava, fino a
quota 3.050, contrastati nella loro ascesa da freddo vento e da una
tormenta di neve.
Anche
qui alpini ed alpini, decine di corriere; centinaia di alpini e
familiari che, sacchetti di nylon in mano, raccoglievano i
“migliori” pezzi di lava da portare a casa: se ci fossero stati
l’anno scorso a prendere pietre, certamente la colata si sarebbe
fermata molto prima.
Tornati
nel primo pomeriggio a Catania ci siamo immersi nel vero clima
dell’Adunata. La destrezza di Lino ci ha salvati ancora una volta
portando la corriera quasi a ridosso del centro storico, raggiunto
dopo pochi passi, costeggiando i soliti accampamenti estemporanei,
ma superprovvisti di tutto, “piantati” dagli Alpini in ogni
angolo disponibile della città. Città letteralmente invasa dai
cappelli grigioverdi; ce n’erano dappertutto, a perdita
d’occhio; bande, cori improvvisati, enoteche ambulanti, i soliti
mezzi di locomozione stravaganti, gruppi eterogenei di alpini e
“locali” sempre più a loro agio in quel caos che, a modo suo,
seguiva regole ben precise, retaggio di una tradizione oramai
entrata nei cromosomi dei vecchi “bocia”.
E
così fino a tarda sera entrando di chiesa in chiesa a sentire i
nostri cori, passando di chiosco in chiosco per vedere e
“sentire” come si mangia e si beve quaggiù, girovagando di
strada in strada per vedere se si incontra qualcuno che si conosce.
Ma Lino oramai ci aspetta e dobbiamo andare. Il rientro a Siracusa
è stato traumatico. In un’ora avremo fatto si e no un chilometro.
Finalmente la strada si apre e, verso mezzanotte i più tornano a
letto. Qualcuno, a dire il vero, senza far nomi, ha avuto un rientro
un po’ più travagliato e mattiniero (50 Km. di taxi notturno anzi
quasi mattutino). |
Nonostante
tutto, alle sei di mattino, tutti in piedi, donne comprese, per
partire alla volta di Catania. PER LA SFILATA!
Siamo
stati previdenti e, tutto sommato, non ci toccherà percorrere
troppa strada a piedi. Solo almeno TRE volte il percorso della
Sfilata! Arriviamo per tempo all’ammassamento, tra ali di folla già
assiepata lungo le transenne, in tranquilla attesa del
“serpentone”.
Partenza
abbastanza puntuale, con i soliti problemi iniziali di
inquadramento, ma, poi, una volta superata la partenza ufficiale
della sfilata, tutto, come al solito, fila liscio e riusciamo a dare
l’impressione, ai siculi, di chissà quante ore di addestramento
preventivo.
Bisogna
proprio dire che Catania ci ha accolto bene. Strade completamente
imbandierate, palazzi ricoperti di tricolori, balconi traboccanti di
gente festosa ed entusiasta, che rispondeva con appassionato calore
ai nostri “hurrà” e battimani. Per non parlare delle
“mamme”, che, essendo il 12 maggio anche la loro festa, venivano
ad ogni piè sospinto osannate dagli alpini che sfilavano.
Dopo
lo scioglimento via di corsa a prendere la corriera; pranzo a
Siracusa e, poi, visita pomeridiana a questa bella Città. Il Teatro
greco; l’Orecchio di Dionisio, all’interno del quale si è
esibito in coro il nostro gruppo, generando un’intensa commozione
in coloro che, all’esterno, ascoltavano estasiati il trasformarsi
armonioso delle nostre voci oramai rauche ed afone; i resti romani.
La città vecchia, all’isola di Ortiglia, riccamente addobbata per
la festa della Patrona S. Lucia, ci ha riservato una gradevole
sorpresa, per la particolarità della Cattedrale, inglobante un
antico tempio greco e per l’atmosfera Gattopardesca delle sue
strade e dei palazzi.
Al
mattino dopo partenza per il Continente, ripassando nuovamente per
Catania l’Etna ci ha salutato, facendo sbucare tra le nuvole la
sua cima completamente ricoperta di neve fresca e candida. Arrivati
a Messina, abbiamo avuto qualche problema per traghettare, visto
che, con noi c’erano tanti altri alpini che volevano rientrare in
terraferma. Piano piano abbiamo cominciato a risalire lo Stivale,
ritrovando, come all’andata, la pioggia, fermandoci ad Amantea a
mangiare del buon pesce calabro e poi, sempre più su, superando o
facendoci superare da una marea di automezzi stracolmi di alpini,
per arrivare, in tarda serata, appena in tempo per la cena a
Caserta.
Scartata
l’idea, per mancanza di tempo, di visitare Caserta Vecchia,
abbiamo optato per una visita in anteprima serale alla “Reggia”
maestosamente illuminata a giorno. Veramente un colpo d’occhio
eccezionale, da fare invidia a Versailles.
Martedì
mattino, 14 giugno, veloce visita diurna alla Reggia, alle sue
stanze ed al suo immenso parco e poi tutti in corriera verso nord
per il pranzo da “Squarciarelli” a Frascati. Pranzo ottimo
annaffiato dal buon vino dei colli e rallegrato dalle cantate e
dalle barzellette di uno stornellatore locale, discretamente
contrastato dai nostri coristi, oramai allo stremo delle forze. Dopo
aver praticamente riempito la corriera di vino ed olio dei colli
romani siamo ripartiti con decisione, verso la ormai, da molti,
agognata “casa”. Viaggio di ritorno più che tranquillo,
evitando, per un pelo, incidenti e code, che ci avrebbero attardato
di ore. Piccolo pic-nic finale, con i resti delle vivande, cui è
stato dato fondo, ma non del vino che, miracolosamente, continuava a
spuntare da tutte le parti. Considerazione: o ne abbiamo bevuto poco
o ne è stato portato via troppo! Voi che ne dite?
Crocetta
ci ha accolto in serata con il nostro Andrea (senza prosecco però)
a farci sì il discorso di rito, ma più curioso ancora di sapere
come era andata.
Come
è andata lo diciamo noi per tutti. BENE!
Bene
grazie alla preventiva oculata organizzazione. Bene grazie alla
professionalità di Lino Favaretto e del suo staff di Guide. Bene
grazie a quanti di noi si sono prodigati durante il viaggio per dare
una mano. Bene per la cordialità e simpatia che si è
spontaneamente generata tra persone che, in maggioranza, poco si
conoscevano. Bene grazie alle continue e spiritose sparate di Gino,
ai canti di Lino, Felice e c., alle punzecchiature di Soffietti,
alla instancabile collaborazione ed al notevole spirito di
adattamento delle nostre donne. Grazie, soprattutto, al nostro
“Capo” Andrea che, nell’impossibilità di far parte della
combriccola e di godere del frutto del suo lavoro, ci ha sempre
seguito da lontano, nello spirito e con il telefonino, vero Felice?
Grazie
ancora a tutti.
Due
della combriccola
(Walter
e Dorino) |